martedì 5 luglio 2011

Santo Versace per le unioni gay. "Ma non chiamatele matrimonio"

"Sono favorevole che le unioni gay siano legalizzate e regolamentate. Ma non le chiamerei 'matrimonio', lascerei ancora per un po' questo termine alle coppie eterosessuali. Sarebbe più una forma di contratto, come anche il matrimonio civile che per me è un contratto".


Così parlò Santo Versace, fratello del compianto Gianni, imprenditore della famosa maison e politico di punta del Pdl, a Klaus Davi. Nella chiacchierata, Versace affronta temi politici e industriali e parla del fratello scomparso come di un liberale che amava anche scherzare con Elton John sui matrimoni gay. Insomma tutto nella solita routine che accade tra intervistato e intervistatore. Fa piacere che sulle unioni gay, il titolare della casa di moda e deputato pdl, si sia espresso a favore di qualche regolamentazione.


C'è però, come spesso accade, qualcosa che stride da quello che si dichiara a quello che si fa da politici. Nel caso dell'onorevole Versace va ricordato, ahinoi, che fu tra coloro che votarono a favore della pregiudiziale di incostituzionalità  contro la legge sull'omofobia. Ci sarà un diverso comportamento nei prossimi giorni, quando si tenterà di ridiscutere la legge tanto voluta da Paola Concia e da tutto il movimento lgbtq? Speriamo, ma conservo i miei dubbi.


Una cosa è certa: per far passare leggi di diritto per la comunità lgbtq occorre un voto trasversale, perché poi i diritti non sono né di destra né di sinistra. E i fatti di questi anni ce lo hanno confermato. Dal canto loro, a destra come a sinistra, hanno giocato a inventarsi gli acronimi più sfiziosi: Di.Co, DiDoRe, eccetera. Tutti si son fatti belli con noi e poi hanno messo in un bel cassetto le loro proposte oramai ingiallite dal tempo. 


C'est l'Italie, direbbero i cugini d'Oltralpe. 





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